Sono nata e cresciuta in mezzo ai gatti.
In (quasi) 41 anni di vita c'è stato un solo mese in cui non ho avuto miciose vicinanze coinquiline.
Era il febbraio 1998. L'anno in cui andai a vivere da sola, in un bilocale al quinto piano senza ascensore in viale Abruzzi 84.
Avevo deciso che non mi sarei occupata di peli, vomiti, sabbie, calori, vacanze complicate, regole di transito su tavoli e accesso alle stanze. Ero fermamente risoluta a godermi la mia libertà.
Tutto ciò duró un mese.
Poi... Mi mancò la presenza fisica di un gatto. Come stampato nel mio dna il bisogno di accarezzare un gatto.
Misi in giro la voce. A quei tempi (immaginatelo detto con la voce tremula della nonnina occhi lucidi) non esisteva Facebook, ci si divideva anzi tra chi aveva il telefonino e chi no, per cui chiamai alcuni amici della lontana Cesano Boscone, chiedendo aiuto: cerco due micini!
Poi... Mi mancò la presenza fisica di un gatto. Come stampato nel mio dna il bisogno di accarezzare un gatto.
Misi in giro la voce. A quei tempi (immaginatelo detto con la voce tremula della nonnina occhi lucidi) non esisteva Facebook, ci si divideva anzi tra chi aveva il telefonino e chi no, per cui chiamai alcuni amici della lontana Cesano Boscone, chiedendo aiuto: cerco due micini!
Oggi, come sapete, basterebbero dai 2 ai 3 minuti per ricevere proposte di gattini da salvare… Allora dovetti aspettare qualche giorno. Mi chiamó una amica: "C'è una cucciolata nel retrobottega di un panettiere al Tessera". (Ndr: Quartiere di Cesano Boscone).
Abitavo esattamente dall'altra parte del mondo, ma non ci volle molto per convincermi: era l'unica proposta pervenuta!
Arrivó il fatidico giorno. Mi imbarcai sulla metropolitana e poi sul Cesano e arrivai all'appuntamento con l'amica e la panettiera. Non avevo l'auto, nel 1998, e non ce l'ho nemmeno ora, era normale per me trascorrere ore in viaggio... Quanti libri letti così!
Beh insomma, ci trovammo, e mi vennero mostrati. Mamma gatta li stava allattando tutti, anzi no.
Vi stavo dicendo: mamma gatta li stava allattando. Erano dentro uno scatolone di cartone. Al primo colpo d'occhio mi resi conto che probabilmente i fratellini non sarebbero mai arrivati alle finali di Miss Gattitalia. Erano dei topastri allungati, dalle orecchie prominenti. Ma avevo fatto un bel viaggetto e chissà se mi sarebbero arrivate altre proposte a breve. Mi dovevo adeguare, non potevo fare troppo la schizzinosa. "Dai Sami, tu che fai tanto la open minded, quella che 'bisogna accogliere tutti ed andare oltre alle apparenze…'non mi dire che non vuoi prendere i due micini solo perché sono bruttarelli?!"
Insomma… feci appello a tutti i miei valori e al mio ecumenismo e decisi.
Un maschio e una femmina. Questo il punto fermo.
Già che dovevo buttarmi nel buonismo assoluto e già che c'ero decisi di fare scelte estreme: "quel micino lì, che la mamma allontana e non vuole allattare, mi sa dire se è un maschio o una femmina?".
Perentorio e spassionato il consiglio della panettiera: "signorina, quella è una femmina, ma è lo scarto, è il cucciolo che la mamma ha deciso non dovrà sopravvivere, perché è più debole degli altri e non potrebbe affrontare le difficoltà della vita. Lasci stare".
"La prendo!" .
"La femmina sarà questa topina striminzita e tremante", pensai, "e si chiamerà Coccinella. In onore della canzone dei Sottotono".
Presi dunque Coccinella tra le mie mani e mi accorsi fin da subito che non sarebbe stato semplice convincerla a farsi voler bene. Timorosa e diffidente, con gli occhi sgranati e tremante, quella toporagna tigrata soffiava con tutta la sua piccola grande forza e cercava di difendersi da me, che mi sentivo la sua salvatrice.
Strani casi la vita. Ci sarebbero voluti almeno 14 anni prima che la piccoletta, sopravvissuta al suo destino, potesse godersi appieno la vita. Ma questa è un'altra storia.
Era giunto il momento di scegliere il maschio. Mi rivolsi ancora alla nostra burbera panificatrice dalle poche ma chiare parole e chiesi di mostrarmi quali, nella cucciolata, fossero i maschi.
"Semplice! ce n'è solo uno!" mi disse.
Ora vi devo confidare un segreto.
Fin dall'arrivo in quel retrobottega - ora vi sembrerà che la storia sia durata ore, perché sono una ciciarona e perché mi piace divagare e poi perché sì, certe cose durano molto di più di quello che dice l'orologio - dicevo, fin dall'arrivo in quel retrobottega, mi aveva colpito uno dei gattini.
Mi aveva, ve lo devo dire subito, colpito per la bruttezza, non per altro.
La Coccinella, piccola toporagna tigrata, si vedeva che era stata trascurata, ma prometteva, una volta nutrita e messa al riparo, di rifiorire, un po' come fanno le ortensie rinsecchite del giardino della nonna appena le si bagna.
Ma quello era proprio strano. Era bianco (bianco sporco naturalmente), le orecchie rosa erano esageratamente grandi e il muso triangolare e bislungo faceva impressione. A coronamento di tutto due biglie azzurre al posto degli occhi. Pareva un alieno. uno di quelli che non sai se sono buoni o cattivi ma che certamente ti fa strano incontrare per la strada. Mai incontrato alieni per la strada? Eh, ma questa è un'altra storia!
Per tagliarla corta, quell'essere era certo che non l'avrei mai preso. Un gatto bianco, poi, in anni e anni e anni di gatti…uno bianco non s'era mai visto.
"Semplice, ce n'è solo uno!"
Ebbene, sì, era proprio lui. Filippo. Aveva le zampe lunghe e non so perché mi venne da chiamarlo così. Forse perché mi ricordava un po' anche un cavallino.
Non avevo scelta, ormai ero entrata in un tunnel, quello della coerenza assoluta. Terribile cosa, la coerenza! non potevo tradire l'impegno al ruolo di benefattrice solo in nome di un semplice razzismo estetico.
Dunque era stato scelto anche il secondo. Direi una scelta liberissima, no?
Posi i due strani esserini nella scatola delle scarpe che mi ero premurata di portare da casa (con buchi per l'areazione, naturalmente) e d'accordo con l'amica salutammo la cara panettiera.
Il viaggio di ritorno fu esattamente lungo come quello dell'andata, ma chissà come mi parse infinito.
L'alieno bianco cadde in un sonno profondo, mentre la piccoletta si pose in prima linea, a difesa di quello che si sarebbe poi rivelato un amore mai corrisposto, il suo adorato fratellone prepotente.
Ecco, ora potrei andare avanti per anni, esattamente 16, e con le mie distensio animae, a raccontare la storia di noi tre diventati poi quattro, ma da qualche parte oggi volevo arrivare e così cercherò di arrivarci.
Negli anni che seguirono mi capitò di vivere 4 anni sola, isolata nella mia torre, dove rari erano gli inviti. Avevo bisogno di stare così. Poi successe qualcosa.
Successe che i 4 anni passati da sola era bastati. Non so a cosa, ma erano stati necessari per iniziare un nuovo pezzetto, una nuova serie. Come nei telefilm, era finita una stagione.
E così decisi di provare a condividere l'appartamento in cui abitavo: era piccolissimo, due locali, in bagno non si poteva entrare in due, anzi non ci si poteva nemmeno girare in uno. Ma era la mia casetta adorata. Avevo pitturato le pareti di diversi colori, ed il frigo l'avevo verniciato di giallo e arancio.
Scelsi con cura le persone con cui abitare, ed ognuna è nel mio cuore, oltreché qui.
Ritornando ai miei due creaturini, lasciati nella scatola delle scarpe in un lungo viaggio in metropolitana, vi devo dire che nei giorni che arrivarno accadde questo: Filippo più lo guardavo e più pensavo che era brutto, più pensavo che era brutto e più pensavo che era strano, più pensavo che era strano più pensavo che era speciale, più pensavo che…insomma stavo sempre dietro a pensare a lui.
Con la Coccinella, il percorso fu un'altro. Stette nascosta per giorni mesi e si rivelò piano piano, titubante e diffidente, sempre pronta a scappare di fronte ad un movimento brusco o ad un tono non gentile.
Scelsi di farli girare in casa come preferivano, e amavo cenare con loro vicini, anche sul tavolo. Naturalmente fin da subito chiesi loro starmi vicino, la notte, perché il mio dna reclamava il loro contatto, come già vi ho detto.
Mi entrarono nel cuore, nelle giornate… E nelle vostre bacheche :-) !