lunedì 2 luglio 2012

Raccontami la storia del tuo anello

"Raccontami la storia del tuo anello".
Una domanda buttata lì come come una palla gettata, certi che verrà presa al volo.

Non mi conosce ancora bene, Edoardo, eppure mi si rivolge con quella curiosità che par dire "io lo so che qualcosa mi dirai". Mi chiede di dargli del tu, ma io non riesco.

Gli spiego, dare del lei è per me come bussare prima di entrare, è un po' come camminare in punta di piedi. Sorride Edoardo, con un sorriso pieno, nonostante i denti andati, lo vedo che non è d'accordo, e mi dice "va beh, lasciamo perdere, raccontami la storia".

Guardo l'anello che porto da 7 anni, non più lucido e tutto ammaccato.
Eravamo a Napoli. La nostra prima vacanza insieme, una stanza nell'ostello più economico, quello che due educatori potevano permettersi. Un letto a castello ed io che negoziavo la posizione panoramica.
Ero felice con lui, per le vie di quella città che ci sorprese fin da subito. Spaccanapoli ed i gatti sugli scogli, i quartieri spagnoli, il caffè speciale e "davvero ha un sapore diverso", e le persone, l'umorismo triste e l'arrendevole ironia napoletana così distante dal mio pragmatismo milanese e dal suo sognante sguardo di fauno giocoso.

Desideravo tanto un anello, l'anello.

"Ma cosa ti importa... l'anello... uniformarti alla massa, rientrare nei luoghi comuni... l'anello siamo noi, te lo creo io, ogni giorno, un fiore per te...".
Arrivammo, maledetta mia forza di volontà, al compromesso.
"Lo compro io, lo scegliamo insieme, e per me sarà l'anello".
Quella notte mi svegliò lui, che mi infilava l'anello, forse voleva vedermi sorridere al risveglio.

Son passati sette anni. L'ho sempre tenuto, ma  mai infilato all'anulare.

Quella sera risalii sul letto 'conquistato' e mi riaddormentai triste.
Ero la regina di un regno senza musica, padrona del nulla che avevo conquistato senza raggiungere.

Lo guardo.
Non si è distratto un attimo.
"E' un po' triste, la storia, forse si aspettava altro..."
Gli sorrido e guardo l'anello.
"Ma è con me, ed è prezioso. Mi ricorda quanto sia importante saper lasciar fare all'altro il suo passo. Che posso anche ottenere quello che desidero, combattere, vincere. Ma se l'altro non è con me, ho conquistato un regno disabitato, dove sentir risuonare solo la mia voce".

Edoardo mi guarda dietro gli occhiali spessi.
Mi fa cenno di sì. 
Ha afferrato la palla al volo.



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