sabato 1 agosto 2015

Catania, 2 novembre 2014.

È stato un giorno strano, salire sull'Etna, le zolle nere, andare in alto e non vedere per le nuvole di fuliggine, sapere di avere i piedi su qualcosa di caldo e sentire freddo, il freddo delle alte quote di montagna ma senza il premio della vetta conquistata. 

Sulle curve in discesa panorami lunari, la natura che vuole vivere sulle ceneri, fumi di piccoli crateri sparsi. Il bisogno di chiudere gliocchi, come un rapimento. Tra le pieghe di un sonno leggero d'improvviso una zampata, il dolore.

Le immagini...ero lì, la chiesa, noi quattro coi jeans, come te. Ancora un saluto, ancora uno, ancora un ricordo di te, ancora una parola da dirti... Ancora un milione di parole, una vita da dirti.

Credo che l'Etna sia in quel momento esploso in colate lente ed inesorabili e lapilli pazzi sul mio viso. Dal profondo il mio magma ha trovato, a volte accade, e spesso d'improvviso, strada, bruciando tutto intorno.

Dicono che le terre colpite dai fiumi di fuoco diventino poi più fertili. Solo ci vuole tempo, tanto tempo.

Chissà. Non so. E ora non mi interessa. So solo che non ci sei e che questo mi fa male ancora e sempre.