... ma la cosa divertente della giornata, é che alla fine, furibonda, mi son detta: "Ciá, almeno una cosa la portiamo a termine oggi. Andiamo in tintoria a ritirare la trapunta Caleffi che settimana scorsa non era pronta e nemmeno quella prima. Ho perso lo scontrino, ma tanto si ricordano di me, son lì tutte le settimane...."
"Certo, descrivimela, che te la dò subito..."
No, non crediate che la storia si incentri sulla banale possibilità di aver dimenticato i dettagli del trapuntino portato circa 6 mesi addietro. Ricordo perfettamente ogni dettaglio (faccia furbetta ed autocompiaciuta): baffuta, ma pur sempre di donna qui si tratta.
"Sfondo marrone, strisce lilla, arancio, giallo. Marca Caleffi"
Corre, ha le idee chiarissime e va dritto al sodo.
Torna e trionfante mi porge...
Gli appassionati di letteratura e i pignoli della vergine saranno ora in attesa della chiusura della mia ultima frase: "torna e trionfante mi porge..."?
Cosa le porge?
Non sarebbe stato difficile dire "la mia bella trapunta": quindi perchè non l'ha detto? Vuole forse farci impazzire?
C'è gente qui che può immaginare qualunque oggetto che un povero negoziante sfiancato può porre ad una maniaca della descrizione dettagliata e ipotattica.
Vi starete dunque domandando: "Insomma: l'hai portata a casa la tua trapunta o no?!"
(Fatemi riprendere).
Sono le 18, non ho (ancora) bevuto nessun alcolico, ma...
Vedo doppio!
E il buon tintore mi porge (eccoci!) non la mia trapunta... ma le mie DUE trapunte!
Non crediate avessi portato due trapunte uguali o chessòìo (due accenti in una parola?): niente di così originale. Semplicemente in zona Cimiano qualcuno ha avuto la mia stessa (doppia) idea! trapunta e tintoria.
E qui si è sviluppato il dilemma morale-esistenziale tipico di ogni buona e vera tragodìa greca.
Vi prego di evitare di lasciarvi andare ad un "Beh, ben per quello che hanno inventato i numerini di assegnazione", perché pecchereste di scarsa creatività.
E dunque: che fa il buon commerciante in questo caso? Molla alla cliente una delle due scommettendo e confidando che la cliente copiona ma certamente ligia e perciò numerinata ritroverà il suo medesimo caleffin trapuntino?!
Purtroppo (ahimè, lo so) il buon gestore, che si ricorda di dover applicare nel suo lavoro la diligenza del buon padre di famiglia, dovrebbe dirmi che prende volentieri nota del mio recapito telefonico e che, quando passerà la proprietaria di uno dei 2 numerelli, mi chiamerà per dirmi che posso ritirare la mia...
Ma il tintore é professional (ovvero non mi dá nessuna trapunta e nemmeno mi propone il lancio della monetina), ma non ha grandi doti di problem solving. Dunque restiamo a boccheggiare inebetiti uno di fronte all'altra, l'altra all'uno.
Io e lui ci guardiamo, sguardi pallati ed espressioni da cernia sul banco del pesce del sabato.
I clienti sopraggiunti giocano a tressette e qualcuno azzarda scommesse...
Quando la cernia Samantha ha un guizzo.
"Fermi tutti! Guardo meglio nel portafoglio!" (Faccia di una che ha avuto l'idea più geniale di questo mondo).
E vualá!
Eccolo qui, il bel 533!
E non si pensi che nel portafoglio ci fosse, il numero in questione, perché, ceeerto che non ci era! Se no la storia che magia avrebbe?!
Esco e mi schianto da Tigotà.
Quando ce vò ce vò. Che fatica e che stress, 'sti negozianti petulanti...
Qui mi ci vuole un po' di sano shopping.
Che, dopo tutto questo faticare... non me lo merito un regalino?!
martedì 2 ottobre 2012
sabato 29 settembre 2012
10 cose che scelgo, Iphone e altro
Ho voglia di dire e di uscire dal coro raccontando la mia personale posizione, frutto di una soddisfatta libera responsabile e consapevole scelta.
1) Scelgo di non avere un'automobile.
2) Scelgo di muovermi con la bici o con i mezzi pubblici (di cui sono fedele azionista).
3) Scelgo di fare vacanze preferibilmente in campeggio.
4) Scelgo di non spendere più di 100 euro per un capo di abbigliamento e sono felice di acquistare abiti anche usati se hanno mantenuto la loro dignità.
5) Scelgo di fare la spesa al mercato, appena mi é possibile, e non rifuggo i discount.
6) Scelgo di non buttare oggetti che non uso più e non mi formalizzo a riceve lo stesso. Al Cimiano Hill's Market ho visto con gioia rinascere oggetti dimenticati.
7) Scelgo e amo abitare in un condominio sgarrupato, dove gli idiomi più parlati sono l'arabo ed il filippino. Dove le spese condominiali sono ancora umane.
8) Scelgo di comprarmi un IPhone (che é anche un cellulare) e di utilizzarlo al massimo per esprimermi, tenermi in contatto con le persone care, organizzarmi la vita e sì, giocare.
9) Scelgo di non giudicare chi si compra auto da decine di migliaia di euro, chi le usa per fare pochi metri, chi spende mezzo stipendio per un paio di stivali e chi fa finanziamenti per pagarsi le vacanze ai tropici.
Semplicemente perché non so.
Perché non conosco il percorso che porta ciascuno a scegliere diversamente da me.
Semplicemente sorrido e sto bene nelle mie scelte e non mi lamento se le conseguenze di queste a volte mi costano un po' di sacrifici.
10) Scelgo e mi auguro che ciascuno prima di guardare le scelte dell'altro consideri le proprie e sinceramente un po' mi delude vedere tanto qualunquismo e così tanta differenza di severità tra lo sguardo che si ha nei confronti dei propri "lussi" e quelli altrui.
Affettuosamente vostra
:-) Samantha
domenica 5 agosto 2012
10 cose che ho scoperto in Corsica
Scoperte e riflessioni in queste due settimane di campeggio in Corsica:
1) Potevo evitare di portare tre paia di scarpe col tacco.
2) La Corsica è popolata da colonie di olandesi tedeschi francesi svizzeri, tutti raggruppati in famiglie.
3) In nord Europa a 30 anni hai già tre figli. Ed io potrei essere nonna.
4) Nessun esemplare intercettato di maschio latino al cucco (probabilmente in trasferta a Formentera-Ibiza).
5) Per un raro fenomeno genetico i bimbi biondo fluo che cospargono l'isola hanno mamme dalle chiome corvine.
6) In Corsica frutta e verdura son da urlo, mentre una pizza della peggior specie può costarti anche 13 euro.
7) Le strade del Dito sono meglio (o peggio: come preferite) di un Camel Trophy e incrociare un toro a finestrini aperti può dare un brividino.
8) Bella Centuri, ma l'aragosta migliore resta quella che mangiai a Essaouira.
9) Il Tao a Calvi è un posto particolare, dal panorama e dal contesto molto ambient, ma forse sarebbe stato meglio trovarlo aperto.
10) Due settimane non bastano a girarsi nemmeno la metá dell'isola.
E dunque... prepariamoci a tornare!
lunedì 2 luglio 2012
Raccontami la storia del tuo anello
"Raccontami la storia del tuo anello".
Una domanda buttata lì come come una palla gettata, certi che verrà presa al volo.
Non mi conosce ancora bene, Edoardo, eppure mi si rivolge con quella curiosità che par dire "io lo so che qualcosa mi dirai". Mi chiede di dargli del tu, ma io non riesco.
Gli spiego, dare del lei è per me come bussare prima di entrare, è un po' come camminare in punta di piedi. Sorride Edoardo, con un sorriso pieno, nonostante i denti andati, lo vedo che non è d'accordo, e mi dice "va beh, lasciamo perdere, raccontami la storia".
Guardo l'anello che porto da 7 anni, non più lucido e tutto ammaccato.
Eravamo a Napoli. La nostra prima vacanza insieme, una stanza nell'ostello più economico, quello che due educatori potevano permettersi. Un letto a castello ed io che negoziavo la posizione panoramica.
Ero felice con lui, per le vie di quella città che ci sorprese fin da subito. Spaccanapoli ed i gatti sugli scogli, i quartieri spagnoli, il caffè speciale e "davvero ha un sapore diverso", e le persone, l'umorismo triste e l'arrendevole ironia napoletana così distante dal mio pragmatismo milanese e dal suo sognante sguardo di fauno giocoso.
Desideravo tanto un anello, l'anello.
"Ma cosa ti importa... l'anello... uniformarti alla massa, rientrare nei luoghi comuni... l'anello siamo noi, te lo creo io, ogni giorno, un fiore per te...".
Arrivammo, maledetta mia forza di volontà, al compromesso.
"Lo compro io, lo scegliamo insieme, e per me sarà l'anello".
Quella notte mi svegliò lui, che mi infilava l'anello, forse voleva vedermi sorridere al risveglio.
Son passati sette anni. L'ho sempre tenuto, ma mai infilato all'anulare.
Quella sera risalii sul letto 'conquistato' e mi riaddormentai triste.
Ero la regina di un regno senza musica, padrona del nulla che avevo conquistato senza raggiungere.
Lo guardo.
Non si è distratto un attimo.
"E' un po' triste, la storia, forse si aspettava altro..."
Gli sorrido e guardo l'anello.
"Ma è con me, ed è prezioso. Mi ricorda quanto sia importante saper lasciar fare all'altro il suo passo. Che posso anche ottenere quello che desidero, combattere, vincere. Ma se l'altro non è con me, ho conquistato un regno disabitato, dove sentir risuonare solo la mia voce".
Edoardo mi guarda dietro gli occhiali spessi.
Mi fa cenno di sì.
Ha afferrato la palla al volo.
Una domanda buttata lì come come una palla gettata, certi che verrà presa al volo.
Non mi conosce ancora bene, Edoardo, eppure mi si rivolge con quella curiosità che par dire "io lo so che qualcosa mi dirai". Mi chiede di dargli del tu, ma io non riesco.
Gli spiego, dare del lei è per me come bussare prima di entrare, è un po' come camminare in punta di piedi. Sorride Edoardo, con un sorriso pieno, nonostante i denti andati, lo vedo che non è d'accordo, e mi dice "va beh, lasciamo perdere, raccontami la storia".
Guardo l'anello che porto da 7 anni, non più lucido e tutto ammaccato.
Eravamo a Napoli. La nostra prima vacanza insieme, una stanza nell'ostello più economico, quello che due educatori potevano permettersi. Un letto a castello ed io che negoziavo la posizione panoramica.
Ero felice con lui, per le vie di quella città che ci sorprese fin da subito. Spaccanapoli ed i gatti sugli scogli, i quartieri spagnoli, il caffè speciale e "davvero ha un sapore diverso", e le persone, l'umorismo triste e l'arrendevole ironia napoletana così distante dal mio pragmatismo milanese e dal suo sognante sguardo di fauno giocoso.
Desideravo tanto un anello, l'anello.
"Ma cosa ti importa... l'anello... uniformarti alla massa, rientrare nei luoghi comuni... l'anello siamo noi, te lo creo io, ogni giorno, un fiore per te...".
Arrivammo, maledetta mia forza di volontà, al compromesso.
"Lo compro io, lo scegliamo insieme, e per me sarà l'anello".
Quella notte mi svegliò lui, che mi infilava l'anello, forse voleva vedermi sorridere al risveglio.
Son passati sette anni. L'ho sempre tenuto, ma mai infilato all'anulare.
Quella sera risalii sul letto 'conquistato' e mi riaddormentai triste.
Ero la regina di un regno senza musica, padrona del nulla che avevo conquistato senza raggiungere.
Lo guardo.
Non si è distratto un attimo.
"E' un po' triste, la storia, forse si aspettava altro..."
Gli sorrido e guardo l'anello.
"Ma è con me, ed è prezioso. Mi ricorda quanto sia importante saper lasciar fare all'altro il suo passo. Che posso anche ottenere quello che desidero, combattere, vincere. Ma se l'altro non è con me, ho conquistato un regno disabitato, dove sentir risuonare solo la mia voce".
Edoardo mi guarda dietro gli occhiali spessi.
Mi fa cenno di sì.
Ha afferrato la palla al volo.
giovedì 26 aprile 2012
Il maglioncino rosa (un racconto samanthoide)
Martedì,
ritorno da Londra.
Un unico
acquisto per me, un maglioncino di cachemire rosa. Comprato a Camden, bucato.
15 sterline. Un affare.
Resta solo di farlo cucire per benino, sistemare,
rattoppare.
So già dove andare. Il cinesino che parla poco, ascolta mentre ti
domandi se capisca e intanto alla radio va Radio Lombardia che impreca contro gli
stranieri e Pisapia.
Lo porto da
lui, arrivata col volo delle 16 a Linate, passo da casa, attendo che smetta di
grandinare palle di neve e via, sì, vado.
Domani ci
sará un clima tropicale post monsonico, ma io devo, assolutamente devo
indossare il mio maglioncino rosa a V di cachemire.
Dunque corro dal 'mio'
cinesino.
Mentre la
radio sputacchia le peggio parolacce italiane contro i rom che sporcano le
strade, spiego il lavoro da farsi. Mi ascolta, poi gli dico: "Certo son
proprio arrabbiati, quelli lí alla radio".
E lui
esplode a ridere.
Ridiamo.
"Lolo semple cosí".
Ho fretta di avere
il mio maglioncino pronto, e quando mi dice: "Vieni veneldi, anzi no dai,
facciamo anche giovedì", non paga, rilancio: "Ma domani sei aperto,
ce la fai per domani?"
Mi dice : "Ci plovo".
"Se mi dai il
tuo numero di telefono ti chiamo, così mi dici se ce l'hai fatta".
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Lo guardo.
Insisto.
"Se mi
dai il tuo numero di telefono mi dici se è pronto".
Silenzio.
Silenzio
Silenzio.
Lo guardo negli occhi. Sguardo da 'ok va bene non insisto più'.
Acciuffa per la coda il mio pensiero, tempo perfetto, e dice:
"Telefono non selvile, che ploblema c'è? -serafico- tu domani venile: io avele
plonto lavolo fatto".
Ora ho con me il maglioncino rattoppato. Il mio trofeo.
Domani ci saranno 27 gradi, lo indosserò uguale.
E penserò al cinesino che (radio spenta oggi) al mio:
"Scusami, dopo tutto il mio insistere, ieri non ce l'ho fatta a
venire!"...
è scoppiato
a ridere.
mercoledì 14 marzo 2012
Riflessioni di una quaranthenne. Con l'acca!
Della serie "cosa ho imparato in questi primi 40 anni"...
1) Ho imparato a danzare finchè c'è musica. E a farlo senza chiedermi il perché, un passo dopo l'altro sentire il ritmo e continuare a danzare.
9) Ho imparato che quello che a me appare complicatissimo per te è semplice. E che il miglior modo per moltiplicare le idee è (con)dividerle.
1) Ho imparato a danzare finchè c'è musica. E a farlo senza chiedermi il perché, un passo dopo l'altro sentire il ritmo e continuare a danzare.
2) Ho imparato che la patata americana germoglia dopo mesi di insofferente attesa. E in genere quando sto per decidere di salutarla.
3) Ho imparato che il tempo è un punto. E che io sono la bimba che sognava, la donna che genera e l'anziana che sarà. Ora.
3) Ho imparato che il tempo è un punto. E che io sono la bimba che sognava, la donna che genera e l'anziana che sarà. Ora.
4) Ho imparato che ci sono due formule che rendono grandi le persone: il saper dire "Grazie" e il saper dire "Ho sbagliato".
5) Ho imparato che la casa non ruba... Ma quanto si diverte a giocare a nascondino!
6) Ho imparato che la vita non é una linea retta ma una spirale in 3D e che per avanzare é necessario tornare indietro andando avanti.
7) Ho imparato che le donne con i capelli rossi indossano sempre qualcosa di verde.
8) Ho imparato che è cosa buona e giusta mettere l'acqua nella caffettiera. E che i dubbi che mi vengono ("l'avrò messa?") son di norma infondati.
9) Ho imparato che quello che a me appare complicatissimo per te è semplice. E che il miglior modo per moltiplicare le idee è (con)dividerle.
10) Ho imparato che la felicità è un attimo. E' il raggio di sole che passa improvviso nel prisma di cristallo del lampadario della nonna. Ed è arcobaleno che sorride. Non sai quando arriva non sai perché.
L'importante è essere attenti e tenersi trasparente lo sguardo.
lunedì 13 febbraio 2012
Chiedo venia a chi sa di Musica (e non ho neppure bevuto, stasera)
Mi piacciono le feste, le ricorrenze, i riti.
Sono molto vicina alla volpe del Principe e sento che i riti preparano il cuore. Riti. Ritmi. I riti sono i ritmi, battono il tempo del nostro vivere. Ci pensavo in questi giorni... reduce dal natale, arriva il san Valentino.
E pensavo: 'ma cos'è che non piace (a parte il commercio) cos'è che ci respinge di queste feste'?
E' questo credo.
Il ritmo da solo. Come il battere in fabbrica, lo scandire vuoto e maledetto imposto.
Ma...
E' questo credo.
Il ritmo da solo. Come il battere in fabbrica, lo scandire vuoto e maledetto imposto.
Ma...
Un niente, ed il ritmo è musica:
La melodia. Quel sottile unire e dar senso alla voce, tra un 'battere' e l'altro, raccontare, vibrare.
Auguri allora di un Buon San Valentino: che ci sia musica per tutti noi. E che si danzi.
La melodia. Quel sottile unire e dar senso alla voce, tra un 'battere' e l'altro, raccontare, vibrare.
Auguri allora di un Buon San Valentino: che ci sia musica per tutti noi. E che si danzi.
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